Tutti sappiamo ormai che la globalizzazione comporta alcuni vantaggi economici ed alcuni problemi; uno dei meno conosciuti, e comunque sottovalutati, consiste nell’ introduzione di specie aliene in nuovi continenti.
Ad un’analisi superficiale, qualcuno potrebbe anche pensare che un insetto o una pianta in più non sono certo paragonabili alla delocalizzazione del lavoro, alla crisi energetica o ad un crack finanziario, e invece, se questo corrisponde quasi sempre a realtà, qualche volta ha conseguenze enormi.
L’Europa e l’Italia certo non sfuggono a questo fenomeno crescente: in pratica tutti gli anni arriva dall’Asia, dall’Africa o dall’America qualche nuovo organismo che va ad alterare l’equilibrio ecologico costituito, con possibili conseguenze per l’agricoltura (Xylella fastidiosa, cimice asiatica) e non solo (zanzara tigre, siluro).
L’ultimo arrivato, in pianura padana, è un minuscolo insetto del gruppo delle cocciniglie chiamato aleirodide nero (Aleurocanthus spinosus); la sua patria d’origine è l’Indonesia, da dove ha trovato un passaggio sulle solite chiatte di legname.
Il suo clima di origine è più caldo, ma siccome si tratta di una specie molto adattabile, che si trova sulle catene montuose fin verso i 3000 metri di altezza, ha dimostrato di superare tranquillamente i nostri inverni sempre più miti sotto lo stadio di uova attaccate alle foglie secche sul terreno e sulle gemme.
In aprile da queste uova sgusciano ninfe senza ali che si fissano sulla pagina inferiore delle foglie di numerose piante, infiggono uno stiletto nelle cellule del parenchima e succhiano la loro linfa una ad una come se fossero tante lattine di birra.
Tanto si riproduce la bestia, e tanto è piccola ed insignificante per i predatori generalisti (uccelli, ragni, vespe, lucertole), che in estate, in molti casi, riesce a succhiare più acqua di quella che la pianta può prendere dal terreno, e, complice anche la sempre più frequente siccità, la porta alla morte.
Nei frutteti viene tenuta sotto controllo dai trattamenti antiparassitari che si fanno per gli altri insetti, ma nei giardini e nei parchi, dove non si può o non si riesce a fare trattamenti chimici efficaci, è un vero flagello: figuriamoci per un giardino botanico complesso come quello che curiamo da quindici anni.
In un paio di estati, nonostante alcuni trattamenti con prodotti a base di piretro, e di olio bianco, sono morti numerosi biancospini, edere, peri, meli, sorbi e agrumi. Numerose altre specie hanno perso rami e sono in uno stato di evidente sofferenza. In un ettaro, superano il miliardo di individui.
Allora ci è venuta l’idea dell’arma intelligente: un lancio, se possibile, di un antagonista naturale. Tre ne sono stati individuati: un acaro predatore, che ha però il limite di diffondersi poco (gli acari non volano) e di essere pertanto adatto soltanto per l’uso all’interno delle serre; un calcidoideo della famiglia Aphelinidae, che parassita le ninfe piuttosto efficacemente ma mal si adatta alle brinate invernali, quindi il suo uso è consigliato soltanto al sud ed in Sicilia; una minuscola coccinella nera (Delphastus catalinae), che preda tutti gli stadi (uova ninfe, adulti), vola e si adatta a freddo.
Siamo riusciti a reperirla alla biofabbrica “Bioplanet” di Cesena, al costo di circa dieci centesimi cadauna. Pensiamo di lanciarne 12.000, verso i primi di maggio, forse, tempo permettendo, sabato sette maggio.
Il successo di questa operazione non è scontato; se il nemico, infatti, si è prontamente adattato, non è detto che lo stesso avvenga anche per il suo predatore, ma è l’ultima arma che ci resta per tentare di rimediare all’ignoranza e alla superficialità dell’attuale dinamica economica globale.
Una di queste coccinelle può mangiarsi anche un centinaio di ninfe al giorno, purtuttavia, se non dovessero riuscire a riprodursi, faranno fuori al massimo un milione di aleurocanti al giorno, che tradotto, alla fine dell’estate fanno un decimo degli aleurocanti presenti.
Solo riproducendosi, potrebbero diventare 50, 70 o centomila e volare su ogni foglia.
Vedremo, siamo tutti curiosi. Forse il successo sarà parziale, e non essendo agricoltori, forse potremo accontentarci. Oppure arriverà un altro distruttore esotico ancora.
Per il momento, non possiamo che darvi appuntamento al sette di maggio, sperando che il tempo sia bello, per vedere il volo di migliaia di coccinelle… all’arrembaggio!
Adriano Cazzuoli è Direttore scientifico della ODV La Pica Giardino Botanico, entomologo appassionato è autore di ‘Calcidoidei d’Italia’, Volume primo (2016) e secondo (2021).
Nel 2020 ha condotto una sperimentazione sulla vespa samurai presso Giardino la Pica e Cooperativa agricola Arvaia di Bologna. (i risultati sono consultabili su richiesta)
Collabora con Università di Bologna e Regione Emilia Romagna in progetti di agrobiologia.
Consulente di Villa Fortuna, di San Salvatore Monferrato, nel progetto ‘Regenerating Villa Fortuna’
Diplomato presso l’Università di Sheffield da Natural History Museum of London su ‘Taxonomy and Biology of parasitic Hymenoptera nel 1993.
Dal 1993 a tuttora collabora con il Natural History Museum di Londra in progetti di tassonomia.
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